Introduzione
Al fine di una rigorosa chiarezza nell’impostazione dello studio è fondamentale inquadrare con precisione il concetto stesso di bene culturale e architettonico.

Alla luce anche delle più aggiornate esperienze in merito, si ritiene necessario superare il riduttivo approccio concettuale al patrimonio culturale e architettonico che consideri una semplice sommatoria di inanimati frammenti che ci pervengono dal passato.

Il nostro obiettivo principale è pertanto quello di evadere da una mera elencazione, classificazione e valutazione in termini di astratto pregio storico artistico, estendendo il concetto di bene culturale e architettonico dal singolo oggetto inteso nella sua entità fisica alla intera struttura urbana e territoriale considerata nella sua evoluzione.

Il presente studio considera Gattinara nella sua vera origine di borgo franco duecentesco, tipico insediamento di nuova costruzione, nella sua struttura residenziale, nelle sue reti viaria e idraulica, nei suoi servizi collettivi, nelle sue difese passive. Quello del borgo della pieve di Gattinara (tale fu il suo nome alla fondazione) è per diversi aspetti un caso emblematico di un momento storico tutto particolare: un momento a suo modo profondamente evolutivo in una società che stava estendendo le libertà comunali cittadine al suo contado, cancellando le antiche sovrastrutture feudali e riducendo la mera proprietà fondiaria di diritti signorili dei vassalli vescovili.

Il tema viene affrontato in questo lavoro sulla base di un’importante documentazione sulle circostanze e sulle modalità della fondazione del borgo (si tratta di atti aggregati al duecentesco libro degli statuti del Comune di Vercelli, atti ufficiali nel governo della Repubblica comunale vercellese), nonché sugli atti e sulle mappe che documentano le trasformazioni successive.

Resta comunque davanti ai nostri occhi il documento primario, la forma urbanistica; la struttura dell’insediamento originale, venne alterata nei 740 anni della sua esistenza dall’ampliarsi dell’area edificata per far fronte all’aumento della popolazione e al cambiamento delle esigenze della vita residenziale; più recentemente per soddisfare le tendenze espansive innescate negli anni dello sviluppo, venne a interrompersi l’equilibrio originario delle funzioni urbane.

Tuttavia attraverso l’esame di quanto ora esistente, la struttura del borgo nelle sue fasi storiche può essere restituita alla nostra conoscenza con alto grado di probabilità.

 

Il metodo di lavoro
Il metodo di lavoro adottato si fonda su due principali linee di indagine: la prima si attua attraverso l’esame pragmatico della realtà fisica dei manufatti e opere d’arte ed edili in genere; essa analizza pertanto gli aspetti tecnici, funzionali, compositivi, artistici e d’uso, rilevabili allo stato attuale.

La seconda linea di indagine considera l’intero processo di evoluzione e trasformazione storica del borgo fondandosi sui documenti realmente disponibili; essa inoltre ricerca le relazioni che collegano e spiegano i mutamenti edilizi ed artistici alla luce dell’evoluzione tecnico stilistica più generale nonché delle situazioni sociali e politiche dell’ambito regionale.

 

Le fasi di indagine e le indicazioni operative
La prima fase acquisisce e raccoglie in una documentazione completa la serie storica delle rappresentazioni e mappe autentiche esistenti. Essa si propone di presentare, in formati di immediata consultazione, la serie delle carte storiche disponibili corredata dei riferimenti della loro provenienza. Tali documenti costituiscono inoltre la base per una prima analisi delle trasformazioni così da impostare in un quadro globale lo studio successivo.

La seconda fase realizza la presentazione grafica delle trasformazioni urbane schematizzandole nelle scale opportune per l’immediata comprensione dei mutamenti intervenuti sul territorio e sul borgo.

La terza fase individua e localizza in sede definitiva i beni culturali e architettonici di rilevante interesse, presenti sul territorio di Gattinara.

Essa si articola in un’analisi storica e stilistica ed una successiva analisi tecnica funzionale attraverso la schedatura dei singoli beni, sia nelle loro trasformazioni, sia nella loro attuale consistenza.

Una fase successiva potrebbe essere orientata a fornire quelle indicazioni di intervento che si rivelassero opportune o necessarie, in seguito alle indagini svolte ai fini del recupero, del restauro e del risanamento, secondo criteri di urgenza o di priorità delle opere.

 

Inquadramento storico

 

La fondazione del Borgo
L’entità territoriale del Comune di Gattinara trova la sua origine nell’aggregazione dei territori di tre villaggi alto-medievali, Rado, Gattinara e Locenello che nel 1242 vennero riuniti dal governo comunale di Vercelli per la formazione del Borgo franco. L’abbandono delle antiche residenze e l’asportazione dei materiali utili per costruire le nuove case fu la causa della totale scomparsa dei mansi antichi e delle loro strutture edilizie; restarono invece chiese e castelli.

La definizione delle linee di confine con i comuni adiacenti Romagnano, Vintebbio, Lozzolo, Roasio, Rovasenda, Lenta e Ghemme fu il risultato di controversie secolari e portò alla presente situazione; la superficie catastale del territorio è di 3365 ettari, cioè 33,65 Kmq.  di cui circa otto di terreni collinari, e il rimanente di terreni di pianura.

La fondazione del borgo, fu il momento cruciale di tutta la storia del territorio e della popolazione che lo occupò stabilmente.

Nell’ultima settimana del dicembre 1241 la Credenza, cioè il Consiglio della Repubblica comunale di Vercelli, preparando il programma politico per l’anno nuovo, deliberò uno statuto, registrato con il n. 236 nel libro degli Statuti del Comune, per il quale veniva deciso di far costruire un borgo franco presso la pieve di Gattinara.

Il 31 gennaio 1242 con rogito del notaio Michele de Bellano fu stipulata una convenzione tra i delegati del Comune di Vercelli e gli abitanti dei villaggi interessati all’ istituzione del borgo franco; per essa il Comune con atto di autorità trattava direttamente con i coloni i patti che avrebbero regolato i rapporti tra la futura Comunità del Borgo franco e il Comune di Vercelli, ente fondatore.

In pratica la Repubblica comunale vercellese si sostituiva ai vassalli vescovili (che tenevano il dominio dei villaggi) nella trattativa con i coloni dipendenti, superando le pregiudiziali di diritto che potessero venir opposte dalla parte signorile al trasferimento nel borgo delle famiglie coloniche e dando garanzie per la legalità dei patti concordati.

Il nome del futuro ente sarebbe stato Borgo della Pieve di Gattinara, in quanto veniva compresa nell’ area interna al fossato la chiesa plebana di S. Pietro che da almeno 80 anni era diventata la sede centrale della pievania comprendente i territori e le popolazioni di Rado, Gattinara, Lozzolo e Roasio. Essa era la sola costruzione esistente sui 26 ettari dell’impianto originario del borgo.

Domenica 30 marzo 1242, essendosi ormai tracciati sul terreno gli impianti viario, idraulico e difensivo, cioè strade, piazze, fossato e riane interne, il Comune di Vercelli concedeva le franchigie di piena libertà civile ai futuri abitanti del borgo; i suoi procuratori iniziarono le assegnazioni dei sedimi ai coloni che potevano così avviare la costruzione delle nuove case.

Il 19 settembre 1242 una delibera della Credenza del Comune di Vercelli determinava le modalità di pagamento delle aree dei sedimi (dialettalmente sétti) sui quali già si erano trasferite le famiglie dei coloni. Il Comune di Vercelli avrebbe pagato le aree ai proprietari precedenti al prezzo di 5 lire per moggio; successivamente la collettività dei nuovi burgenses avrebbe rimborsato al Comune vercellese il prezzo delle aree pubbliche (strade, fossati, creste dei fossati, cioè gli spalti; invero per tutto il XIII sec. non si accenna mai alla costruzione di mura di difesa), mentre il prezzo dei sedimi residenziali differenziati in due categorie, più grandi per i massari e più piccoli per i manuali, sarebbe stato rimborsato dalle famiglie degli occupanti con un canone annuo in forma di ammortamento senza interessi. Era quindi il Comune di Vercelli che avrebbe garantito il pronto pagamento dell’ esproprio.

Il nuovo assetto sociale e territoriale veniva a rivoluzionare una situazione secolare: gli antichi signori perdevano il controllo dei coltivatori dei fondi agricoli, sui quali essi avevano il dominio, cioè la proprietà dei terreni, degli edifici residenziali e rustici, dei canali e delle acque e di un complesso di diritti feudali (albergarie, angarie, carrigi) oltre che i diritti di bassa giustizia sui loro dipendenti. Tutti i contratti di colonia agraria sarebbero stati mantenuti nella loro validità e i coltivatori avrebbero quindi continuato a possedere le terre e i mezzi di produzione. Inoltre i sedimi e le case da essi costruite nel borgo sarebbero stati di loro totale e libera proprietà, né avrebbero più potuto perdere insieme contratti e abitazioni, non essendo più in stato di soggezione ai signori, bensì liberi di fronte alle leggi della Repubblica comunale vercellese.

Da ciò si comprende come la formazione del borgo di Gattinara da parte del Comune di Vercelli ebbe il preciso scopo primario di sottrarre il dominio di un territorio di frontiera alla signoria dei vassalli vescovili (e quindi al Vescovo, che era il titolare del dominatus dei villaggi di Rado e Gattinara); scopo secondario era quello di fornire un’area protetta di appoggio e rifugio alle forze vercellesi nella difesa dei guadi del Sesia. Pare invece da escludere che il Comune di Vercelli intendesse colonizzare terre incolte, dato che non possedeva né aveva acquistato terreni gerbidi da bonificare, come invece era successo vent’anni prima a Trino e a Tricerro.

Nell’autunno del 1242 e nel seguente inverno si manifestarono vivaci contrasti tra i nuovi burgenses (abitanti del borgo) e i signori (alcuni dei quali residenti nei castelli e altri abitanti in città) a causa dell’uso dei boschi, pascoli e baragge e di altri terreni aperti non coltivati come le isole sul greto del Sesia. I signori che avevano visto la buona riuscita della costruzione del borgo, avrebbero voluto potervi portare la loro residenza, come era stato fatto in altri borghi (in qualche caso era stata riservata alle famiglie signorili un’area privilegiata).

Il Comune di Vercelli non poteva permettere turbamenti nella vita del nuovo borgo, di cui tutelava ancora direttamente l’avviamento verso la formazione di un’ autonoma comunità; si vide così costretto a intervenire, convincendo dapprima le due parti contendenti a venire ad un compromesso, determinando poi che si affidasse al giurista vercellese Ambrogio Cocorella l’incarico di studiare un arbitrato adatto a risolvere equamente le controversie. Soltanto i signori e gli uomini che da Rado si erano insediati nel borgo accettarono e così martedì 17 marzo 1243 l’arbitrato Cocorella fu riportato in un atto notarile. Esso era valido solo per quelli di Rado, dato che i signori di Gattinara non avevano aderito. Fu nella riunione della Credenza del Comune di Vercelli di martedì 24 marzo 1243 che venne risolta la questione attribuendo alla decisione arbitrale del Cocorella valore di legge per tutti i signori e gli uomini dei villaggi che erano scomparsi per fondersi nel Borgo franco della Pieve di Gattinara. Quell’arbitrato stabiliva che i beni delle comunanze fossero ripartiti per un terzo ai signori e per due terzi alla Comunità del Borgo. La Credenza decise, in deroga ai patti del 31 gennaio 1242, di consentire ai signori di Rado, Gattinara e Locenello di acquistare nel borgo un sedime non edificato (uno solo) per poter costruire una casa per la loro abitazione. Essi tuttavia non sarebbero stati tenuti a partecipare agli oneri della comunità del Borgo restando esenti e separati da essa, e sarebbero stati considerati cittadini vercellesi residenti fuori città e partecipanti agli oneri del Comune di Vercelli.

Nel borgo quindi si legalizzava la presenza di due categorie di persone: i populares (popolani partecipanti all’attività e agli oneri della Comunità) e i nobili esclusi dalla vita pubblica del borgo e legati a quella della città di Vercelli.

Questo fatto ebbe importanti conseguenze nei secoli successivi specialmente quando il rilancio dei rapporti feudali tra i vertici degli stati regionali e le signorie periferiche diede l’opportunità ad alcuni discendenti degli antichi ceppi nobiliari di rivendicare le condizioni di superiorità personale e di dominio territoriale. Dopo la conquista sabauda del 1426, liti e ricorsi al consiglio ducale furono tentati sia dalla comunità che dai nobili, finché la sentenza del Senato ducale di Torino del 30 agosto 1477 decise l’autonomia della comunità sotto la diretta dipendenza del Duca di Savoia e sotto la guida e il controllo di un podestà ducale. Essa riconobbe l’esenzione delle famiglie nobili con espresso richiamo allo Statuto del Comune di Vercelli del 24 marzo 1243.

 

Cronologia dell’evoluzione urbana
L’edificazione del Borgo è avvenuta in fasi successive caratterizzate sia dalla tecnica muraria sia da particolari forme edilizie che si possono riferire all’evoluzione stilistica dell’architettura cittadina piemontese e lombarda.

L’evoluzione può essere così schematizzata nelle seguenti fasi:

1° fase: periodo comunale (1242-1337)
Fondazione del Borgo: tracciamento dei dodici isolati, delimitazione dei sedimi e delle strutture viarie, idrauliche e difensive; edificazione delle case e dei rustici nel ambito dei singoli sedimi. Lenta organizzazione della vita sociale.

2° fase: periodo visconteo (1337-1426)
Nel decennio del governo di Luchino e Giovanni Visconti si presume sia avvenuta una importante modifica delle strutture difensive con la costruzione delle mura, del ricetto-castello e con l’ampliamento dell’area edificabile per espansione nella cornice formatasi tra la circonvallazione interna e le mura. Lo sviluppo fu frenato dopo  il 1348 da epidemie di peste e dal disastroso passaggio di compagnie di ventura, che pare abbiano saccheggiato diverse volte il paese.

3° fase: primo periodo del dominio sabaudo (1426-1504)
La conquista sabauda del Borgo (ottobre 1426) portò una situazione nuova, annullando la dipendenza della nostra comunità dalla città di Vercelli e sottoponendola al diretto dominio del duca; si produssero condizioni favorevoli allo sviluppo economico e al rafforzarsi della compagine sociale; malgrado i danni subiti  da alcune incursioni delle milizie sforzesche (1451-1467) e le contribuzioni per le guerre si poté verificare un certo elevarsi del benessere generale, che è testimoniato da un intenso sviluppo edilizio con la costruzione di nuove chiese, di nuovi edifici privati e dei portici sulla piazza. Nel 1492 alla ratifica dell’accordo per la definizione dei confini con Romagnano sono presenti ben 270 uomini, dal che si può dedurre una stima di almeno mille persone residenti nel Borgo.

4° fase: periodo del duca Carlo e delle guerre franco-spagnole (1504-1560)
Il Borgo subì gravi danni nel 1524 e nel 1557. Nel 1525 fu istituita dal duca Carlo la Contea di Gattinara per Mercurino Arborio, Gran Cancelliere dell’imperatore Carlo V, ma senza intaccare l’autonomia della comunità che continuò a dipendere solo e direttamente dal duca di Savoia; per testamento di Mercurino furono costruiti i due monasteri di San Pietro per i Canonici Regolari Lateranensi e delle Clarisse. L’architettura del Rinascimento appare nella costruzione dei portici a colonne.

5° fase: dal ritorno in Piemonte di Emanuele Filiberto alla morte del duca Carlo Emanuele II (1560-1675)
Alla lenta ripresa sotto il governo di Emanuele Filiberto seguirono decenni di guerre e di invasioni di eserciti stranieri. La politica di grande impegno di Carlo Emanuele I (che sfidò francesi e spagnoli) fu duramente pagata dai sudditi: in Gattinara ogni possibile formarsi di risorse fu impedito dall’opprimente fiscalismo sabaudo, dalla permanenza in paese di soldati nemici e infine dalla peste del 1630, in cui morì un quarto della popolazione residente.

I soli ad arricchirsi furono i militari come il conte Giovanni Aurelio, cadetto della famiglia Arborio Gattinara, colonnello e poi commissario generale della cavalleria sabauda, e gli esattori delle tasse mandati da Torino, come il napoletano Carlo Bocuto o Angelo Garavoglia da Cigliano; furono questi committenti di edifici residenziali di una certa importanza, oltre alla famiglia Arborio Gattinara salita al rango marchionale, che godeva di notevoli rendite nei paesi della contea. Nel 1616 fu distrutto il castello-ricetto; dopo il 1617 ebbe inizio la costruzione della chiesa e del convento di S. Francesco; dopo il 1633 fu eretta la chiesa di S. Rocco.

6° fase: da Vittorio Amedeo II all’invasione napoleonica (1675-1796)
In tutto il Piemonte si ebbe una decisa ripresa economica se pur frenata dalle continue guerre che distruggevano le risorse del paese. Nel Borgo alcune famiglie nobili si estinsero ed i loro beni passarono a nobili forestieri o a enti ecclesiastici come i Barnabiti; intanto si stava formando una borghesia locale a cui si può attribuire la costruzione o la ricostruzione di edifici residenziali di un certo livello. L’edilizia religiosa vide la ricostruzione della chiesa di S. Marta.

7° fase: periodo del dominio francese e della restaurazione (1797-1860)
Per oltre un decennio il borgo di Gattinara fece parte dell’impero francese; la restaurazione e la pace furono il ritorno a condizioni di normalità, ma i privilegi dei benefici ecclesiastici e delle famiglie nobili erano stati cancellati, restando tuttavia ancora elevato il patrimonio dei beni immobili della famiglia marchionale. L’attuale sede del Municipio di Gattinara fu realizzata su progetto dell’architetto gattinarese Pietro Delmastro verso la metà del XIX sec. quale villa di soggiorno estivo (esempio di architettura neoclassica). Di questo tempo vi sono anche diverse ricostruzioni di edifici privati, come casa Santagostino (ex casa Sodano) sulla piazza. L’abbattimento delle porte è posteriore al 1840.

8° fase: dall’Unità d’Italia, al secondo conflitto mondiale (1861-1945)
Periodo di incremento della popolazione e di un tenore di vita in lenta ascesa; per far fronte alle nuove esigenze di spazio abitabile vi fu un’intensa edificazione nelle aree interne al borgo ed un inizio di espansione fuori dalla cerchia esterna. Fu inoltre il periodo delle Società di mutuo soccorso e dell’adeguamento degli impianti urbani: nel 1836 la selciatura delle strade e nel 1870 la tombinatura e fognatura dei corsi principali. Entrarono in funzione i nuovi mezzi di trasporto, quali il tram a vapore (1880) e la ferrovia Santhià-Arona che diedero il via all’industrializzazione. La Ceramica Pozzi e il Cotonificio Alta Italia furono i primi veri impianti industriali, piuttosto contrastati dalla popolazione di agricoltori, tanto che vi fu una certa immigrazione dal novarese di operai, che in paese non si trovavano.

9° fase: dal periodo postbellico, al boom economico, ad oggi (1946-2018)
E’ questa la fase in cui vi sono le principali trasformazioni urbane; con l’immigrazione dapprima di molte famiglie venete e poi di famiglie sarde e meridionali, il borgo e le sue abitazioni non bastano più.

Molte famiglie gattinaresi lasciano i vecchi cortili e costruiscono nuovi edifici al di fuori del centro storico; un grande sviluppo disordinato avviene nel territorio soprastante il borgo, ad est della antica chiesa di S. Bernardo, purtroppo lasciata crollare per incuria nella manutenzione della copertura (nel 1975 viene strappato, prima del crollo del tetto, l’affresco quattrocentesco del Maestro della Passione, ora al Museo Borgogna di Vercelli).

Il boom economico e la ripresa della produzione industriale hanno da un lato creato molte occasioni di lavoro, dall’altro hanno condizionato pesantemente la sussistenza del borgo agricolo e delle sue tipologie.

Molti nuovi edifici vengono edificati attorno al centro storico, spesso di pessima qualità architettonica, mentre vengono ricostruiti edifici estranei all’ambiente, con scarsa sensibilità di progettisti e costruttori, basti pensare ai condomini sui corsi, alla banca in Piazza e a molte altre discutibili ferite del tessuto urbano.

Purtroppo la mancanza di cultura degli amministratori pubblici fa si che vengano distrutti per sempre alcuni portici sui corsi, la chiesa di S. Rocco, il vecchio municipio, e molte facciate, a cui vengono rifatti o aggiunti balconi in cemento armato, finestre con tapparelle al posto delle persiane in legno e modificati gli antichi portoni dei cortili, in alcuni casi anche in metallo in sostituzione del legno. Stessa fine per la chiesa di S. Maria di Locenello (demolita) e per la chiesa di S. Rocco, lasciata crollare quasi completamente, come quella di S. Bernardo.

Negli anni settanta una ulteriore ripresa economica porta ad un importante restauro del palazzo Arborio Gattinara (ora municipio), agli ampliamenti dell’ospedale, alla realizzazione del centro sociale con biblioteca in piazza Italia, alla nuova chiesa di S. Bernardo, e piu’ avanti, all’Istituto per geometri e all’insediamento, con ampliamento, nel palazzo littorio, della Scuola Alberghiera, oggi in piena crescita.

Purtroppo, negli anni ottanta, una pesante crisi economica e una cattiva gestione delle proprietà, porta alla chiusura degli stabilimenti Pozzi, Cotonificio Alta Italia, Riva Vercellotti, Bertotto e Zacchetti, mentre si insedia in Gattinara una nuova importante realtà produttiva, la Luigi Lavazza S.p.A., in continuo sviluppo e che garantisce l’occupazione a molte famiglie gattinaresi e dei paesi limitrofi.

Recentemente alcuni spazi pubblici sono stati recuperati, quali la Villa Paolotti con la sua grande piazza, l’area circostante la Torre delle Castelle, sono state rifatte alcune pavimentazioni stradali, e sono state restaurate le chiese di S. Marta, del Rosario e di S. Francesco e la cupola di S. Pietro.

 

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