A Gattinara c'è una chiesetta, un oratorio, che ha una storia tutta particolare. E sembrerà strano, ma c'è un legame con Roma e con Trastevere in particolare.

La nascita in XVII secolo dell’oratorio di Santa Maria dell’Orto è legata alla storia avventurosa dei fratelli Marco e Girolamo Scribante. Come molti altri gattinaresi, emigrarono a Roma tra la fine del '500 e gli inizi del '600 per cercare fortuna. Nella Capitale, esercitando l’arte di pizzicagnoli, accumularono una fortuna notevole.

Tornati a Gattinara proprio durante la pestilenza del 1630, fecero voto di costruire una cappella dedicata alla Vergine dell’Orto (alla Madonna dell’Orto era infatti intitolata la confraternita trasteverina che radunava a Roma i pizzicagnoli).

Nel 1630, pertanto, essendo scampati al contagio, i fratelli eressero la chiesetta della Madonna dell’Orto. Nel 1872 la famiglia Scribante vendette l’oratorio, ormai pressoché diroccato, al sacerdote gattinarese Girolamo Moglia, che provvide ad un radicale restauro riaprendo al culto l’edificio.

GUIDA ALLA VISITA

Oratorio Santa Maria dell'Orto


La semplicissima facciata, abbellita dai profili di due finestrelle, richiama la struttura tipica degli oratori campestri delle terre gattinaresi e piemontesi, caratterizzati da basse aperture che, dotate talvolta di inginocchiatoi, consentivano ai devoti di raccogliersi in preghiera rimanendo all’esterno. L’interno, a semplice aula rettangolare, ospita un altare con una pregevole ancona in stucco, opera di artisti locali, risalente verosimilmente all’epoca della costruzione (XVII secolo). Coevo è il dipinto, raffigurante la Vergine con il Bambino, che riproduce la pala venerata presso la chiesa di S. Maria dell’Orto di Trastevere, sede dell’omonima confraternita.

"È un lungo paese con una sola strada principale, che lo traversa da un capo all’altro, fiancheggiata di qua e di là da basse case con bassi portici". Così il grande scrittore e regista torinese Mario Soldati descrive Gattinara in un celebre racconto del 1959, "Un sorso di Gattinara".

Proprio in quell'anno, Mario Soldati si era recato a Gattinara, attraversando le colline alla ricerca di una bottiglia di vero Gattinara. Una ricerca quasi rocambolesca, perché lo scrittore vuole provare quel vino di cui si parla, ma che sembra sempre sfuggirgli per un soffio.

E allora, cosa c'è di meglio, se non andarci fisicamente nel paese dove si produce quel nebbiolo rosso scuro che descrisse così: "Ha un colore limpidissimo: rosso marroncino, che tira al giallo: ma quando ce ne resta soltanto una goccia in fondo al bicchiere, e lo guardi contro il bianco della tovaglia, ha il colore rosa scuro, rosa oro, rosa antico; la luminosità , a notte, dei portici di Gattinara".

E a Gattinara, il paese s'intende, Soldati ha dedicato una descrizione che oggi ci riporta indietro nel tempo. Un tuffo nel passato.

Mario Soldati entra a Gattinara e così la descrive, parlandone come di un paesone: "Piuttosto buio, e proprio per questo, forse, molto più caldo, simpatico, accogliente di tanti paesoni illuminati dalla luce dei modernissimi tubi, livida, lilla, abbacinante. No, qui il neon non offende. Rosso, verde, giallo, è soltanto alle insegne dei negozi ancora aperti, osterie, drogherie, bar, salumerie (è sabato sera) e rallegra. Le luci stradali, debolissime: come se non ci fossero. Una luminosità dolce, rossastra, giallina, i resti di vecchie lampadine al filamento di carbone, rischiara l’interno dei portici, rivestiti quasi senza interruzione dalle mostre di legno di ottocentesche botteghe. Poca gente in giro; ma animazione alle soglie delle osterie, alle finestre, ai portoni. Un’aria di benessere, di confidenza, di vita gentile ed antica. Il sapore... eh be’, il sapore pensato, immaginato, sognato in un sorso del vino che danno le colline intorno".

Mario Soldati è comparso anche in una puntata del celebre Carosello mentre cammina per le colline di Gattinara.

Ecco il video

La chiesa parrocchiale di San Pietro (XV sec - XIX sec) sorge nel cuore del cento storico di Gattinara. Si tratta di un complesso monumentale formato da un corpo principale a pianta centrale ottagonale con presbiterio e coro verso est.

Ci sono sei ampie cappelle laterali e un arcone appoggiato alla facciata gotica quattrocentesca. La cappella di San Benedetto si protende verso nord con cripta e scurolo. C'è, inoltre, un’ampia sala seicentesca che ora viene utilizzata come chiesa invernale. Tra l'altro questa sala era sede della Congregazione del SS. Sacramento.

La parte principale neoclassica (realizzata dal 1820 al 1863) è stata realizzata su progetto dell’architetto gattinarese Pietro Delmastro, ultimata dopo la sua morte dall’architetto Giuseppe Locarni (1885).

Le formelle sulla facciata

Le formelle decorative in cotto sulla facciata rappresentano figure religiose e di santi. Ma oltre a questo sono presenti delle formelle che rappresentano la vite con i grappoli di uva, quasi a sottolineare l'importanza della vite e del suo nettare per la città di Gattinara.

Qui, infatti, viene prodotto il prestigioso Gattinara DOCG, realizzato con uve nebbiolo coltivate esclusivamente nei territori antistanti la città che sorge sopra un super vulcano preistorico.

L'interno

Della chiesa quattrocentesca rimangono solo la base del campanile e la facciata.

Questa è ornata da fregi laterizi e ricalca modelli gotico lombardi molto frequenti nell'area vercellese. Sono presenti tre portoni barocchi in legno intagliato e formelle, come descritto sopra, rappresentanti i santi titolari degli oratori presenti nei villaggi dalla cui fusione ebbe origine il borgo.

L'interno, realizzato nell'Ottocento, è dominato dalla ripetizione, per la navata, per il presbiterio, e per il coro e sacrestia, di un modulo a pianta circolare, cadenzato da arconi e fasci di colonne.

Il sepolcro del Cardinale Mercurino Arborio di Gattinara

Mercurino Arborio di Gattinara, dopo aver fatto incoronare Carlo V a Bologna da papa Clemente VII, morì mentre era in viaggio verso la Germania, dove andava a incontrare Martin Lutero. Morì a Innsbruck nel il 5 giugno 1530.
Seguendo le volontà testamentarie del Gran Cancelliere di Carlo V, il suo corpo venne sepolto ai piedi dell’altare maggiore della chiesa di San Pietro dove riposavano i suoi avi.

Venne eseguita la pietra tombale con incise le sue volontà: "Colui che da vivo ha sopportato il peso degli affari pubblici, ha deciso, anche da morto, di essere calpestato pubblicamente".
Questo in segno di umiltà, in modo tale che i sacerdoti, prima di officiare le messe, calpestassero la sua tomba.

La pietra tombale venne danneggiata durante i tumulti della Rivoluzione francese; solo nel 1899 le sue spoglie vennero traslate ai piedi del nuovo altare maggiore, dove riposano tuttora.

san pietro

I portici di Gattinara sono la testimonianza emblematica dell’evoluzione urbana di un borgo originariamente agricolo, che tende a strutturarsi in forma di città. Quando dal ceto popolare emerse uno strato borghese di professionisti, mercanti, bottegai, artigiani, che nell’amministrazione della collettività comunale si era imposto alla massa contadina, tra le nuove iniziative vi fu quella di creare un percorso coperto, protetto dalle intemperie, che consentisse lo svolgersi del mercato anche d’inverno.

I portici, percorsi per proteggersi anche dalle intemperie

I portici, dunque, sono un ottimo riparo durante intemperie, permettono lo svolgimento del mercato anche durante la stagione fredda e permettevano che si svolgesse il mercato anche d’inverno.
Come si crearono i portici?

Si ottennero permettendo l’occupazione del suolo pubblico ai lati della piazza e l’espansione del piano superiore delle dimore affacciate ad essa.
Nei secoli XIV e XV il modello fu verosimilmente quello della piazza del mercato di Vercelli: pilastri a base rinforzata da barbacani, arcate a sesto acuto, solai in legno. Portici di questo tipo ne sono sopravvissuti pochi, essendo stati rifatti in epoche diverse quasi tutti quelli della piazza e delle sue immediate vicinanze; alcuni, che hanno conservato i pilastri antichi, hanno subito la modifica dei piani orizzontali con costruzione di volte in muratura, in sostituzione dei solai di legno.

Le tipologie di portico

Malgrado il sovrapporsi degli interventi successivi, è ancora possibile riconoscere e proporre una sequenza di tipologie corrispondenti all’evoluzione storica degli stili architettonici. La prima fase, classificabile come gotica o tardo gotica, è quella dei portici ad arcate a sesto acuto e solai in legno. La seconda fase, rinascimentale, è individuabile dall’uso delle colonne, di pietra o granito, e dalle volte a crociera, ad imitazione del chiostro dei Canonici di San Pietro. Il miglior esempio di questa fase è quello della ex casa de Robis di corso Valsesia. Nella terza fase, del XVII secolo, si ritorna all’uso dei pilastri, ma costruiti in mattoni e senza barbacani; si mantiene la volta a crociera. Tipico esempio la ex casa Bigliocca di corso Valsesia, datata 1675 (raffigurata nel Theatrum Sabaudiae ancora in costruzione). Nel XVIII secolo seguì una fase in cui si diffusero i tipi di volte a botte unghiate o lunettate, frequenti negli androni di accesso ai cortili interni e nelle case, ma di cui non si riscontrano esempi nei portici.

La fase neoclassica, predominante per tutto il XIX secolo, si distingue per i pilastri in mattoni rivestiti da paramenti in pietra o con decorazioni a bugnato, per le arcate a sesto pieno e soprattutto per le volte a vela. L’opera di restauro o di ricostruzione, particolarmente intensa negli ultimi 150 anni, ha portato alla scomparsa dei solai in legno: resta un solo esempio, quello del portico antistante l’androne della ex casa Badino e Popolo, in piazza Italia; si ricorda pure quello vicino all’ex casa Sodano in corso Garibaldi, rifatto con solai piani alcuni decenni fa; resta ancora qualche esempio di solai lignei sugli androni di accesso ai cortili, come in corso Valsesia 90 o corso Vercelli 35. È lecito ritenere che anche gli altri portici che portano soffitti piani dovessero essere coperti in origine da solai in legno. D’altra parte è verosimile che i portici della piazza in origine fossero tutti del tipo gotico e che tutti gli altri tipi ora presenti siano dovuti a delle ricostruzioni, come sicuramente il bell’esemplare neoclassico di ex casa Sodano in piazza Italia. La presenza dei portici conferisce un tono di antico a tutto l’ambiente del centro storico: in diversi casi è però indispensabile un restauro da realizzarsi con interventi riqualificanti dell’aspetto delle facciate, senza provocare alterazioni dei caratteri originali. Un importante pubblicazione di Clara Palmas e Sara Inzerra, Strade e piazze porticate del Piemonte (Torino 2002), riporta anche l’esempio di Gattinara.

Forse è difficile da credere, ma sotto le Alpi si estendo un enorme vulcano. O meglio, quello che resta dell'enorme caldera denominata Supervulcano.

E questo gigante del passato si trova in Valsesia. I supervulcani, noti anche come "grandi caldere" sono caratterizzati da eruzioni ad altissima esplosività in cui vengono emessi anche migliaia di chilometri cubi di materiale che, solitamente, portano al collasso della camera magmatica.

290 milioni di anni fa il nostro pianeta era un unico grande continente, la Pangea. Questo grande continente era caratterizzato da molteplici anomalie termiche. Una di queste interessò quella parte che oggi è il continente europeo, provocando una fusione parziale del mantello terrestre.

In questo modo si "creò" il supervulcano nella zona che ora è la Valsesia: dopo un'attività di 10 milioni di anni, la risalita di magma causò una violentissima eruzione: la porzione interessata collassò e si formò un’enorme caldera di oltre 13 chilometri di diametro.

Ma i cambiamenti del terreno sotto la Valsesia non terminarono con lo "spegnimento" del supervulcano. Infatti, circa 60 milioni di anni fa, Africa e Europa entrarono in collisione, formando le Alpi. In corrispondenza della Valsesia, questa collisione provocò una sorta di ripiegamento della crosta terrestre, facendo affiorare la parti più profonde del supervulcano.

Tutto il materiale che si trovava tra 25 e 30 chilometri profondità è pertanto visibile ed è una sorta di laboratorio a cielo aperto. Infatti, vulcanologi e geologi possono analizzare le rocce e comprendere cosa sia accaduto all'interno della caldera.

Le ricerche

Negli anni Ottanta Silvano Sinigoi, professore di Petrografia all’Università di Trieste, e da James Quick, prorettore della Southern Methodist University di Dallas, hanno iniziato a condurre ricerche nell'area del supervulcano.

Nel 2009, dopo la pubblicazione del primo studio completo sull'argomento sulla rivista scientifica internazionale "Geology", la notizia ha fatto subito il giro del mondo.

Era noto da oltre un secolo che nella bassa Valsesia affioravano rocce vulcaniche e che le rocce che affiorano lungo la Valsesia tra Balmuccia e Gattinara costituiscono una sezione attraverso la crosta terrestre.

La novità emersa dallo studio è importantissima: è stato dimostrato, attraverso l'utilizzo di moderne tecniche geocronologiche, che le rocce magmatiche intruse in questa sezione crostale e le rocce vulcaniche affioranti tra Borgosesia e la pianura Padana appartenevano ad un unico sistema magmatico attivo tra 290 e 280 milioni di anni fa e ormai fossile.

Il Geopark e UNESCO

Nel 2011 si è costituita l'Associazione geoturistica "Supervulcano Valsesia", che nel 2017 ha cambiato il nome in "Sesia Val Grande Geopark".

L'area del Supervulcano fa parte del Sesia Val Grande Geopark riconosciuto dall'UNESCO il 5 settembre 2013 e diventato, nel novembre 2015"UNESCO Global Geoparks”, il nuovo programma prioritario al pari del Patrimonio mondiale dell’Umanità, delle Riserve della Biosfera e del Patrimonio Immateriale.

Credit: Sesia ValGrande Geopark

Il terroir

La Valsesia, che sorge proprio nell'area del supervulcano, è caratterizzata da paesaggi collinari e fertile terreno vulcanico, ed è diventata celebre per la produzione di vini unici che traggono vantaggio da questo antico passato geologico.

Il terreno che sorge sui resti del supervulcano della Valsesia è composto principalmente da porfido, una roccia ignea di origine vulcanica. Questo tipo di terreno vulcanico, ricco di minerali, conferisce al suolo una notevole fertilità e una capacità di ritenzione idrica.

In particolare, la regione vitivinicola delle colline di Gattinara, è rinomata per la coltivazione dei vigneti su terreni ricchissimi di materiali antici. Oltre al porfido, si trovano  graniti, calcari, quarziti, scisti, arenarie, sabbie e vulcaniti. Le caratteristiche organolettiche distintive dei vini prodotti in quest'area sono attribuibili a questo terreno unico.

I vini di Gattinara, in particolare quelli a base di Nebbiolo, sono noti per la loro struttura complessa, acidità vivace e tannini ben definiti. La mineralità del suolo vulcanico si riflette nei profili dei vini, aggiungendo una nota di carattere e finezza alle sfumature fruttate e speziate dei vitigni coltivati in questo paesaggio vulcanico.

LINK Utili

Info sul Supervulcano
Info sul Geopark
Articolo pubblicato su The Virtual Explorer nel 2009
Articolo pubblicato su Geology nel 2009

Passeggiando per il centro storico di Gattinara si possono ancora trovare case con gli antichi e tipici balconi di legno.

In dialetto sono chiamati Lobbie.

Questi balconi o loggiati coperti sono molto comuni nelle comunità Walser della Valsesia. Ma, anche in pianura, come proprio a Gattinara, erano presenti ai piani alti dei palazzi.

La Lobbia

La "lobbia" rappresenta un affascinante esempio di architettura tradizionale, caratteristica di molte abitazioni montane, ma non solo.

Solitamente, la lobbia si estende lungo la facciata dell'edificio, proiettandosi verso l'esterno e sostenuta da colonnine di legno. Talvolta la ringhiera poteva anche essere di metallo.

La lobbia non è solo una testimonianza di un'architettura tradizionale, ma rappresenta anche un punto di incontro per gli abitanti della zona, dove la comunità si riunisce per condividere storie, esperienze. In molti casi, la lobbia diventa un simbolo di identità locale e di legame con la storia e le tradizioni delle comunità.

La curiosità

Gianni Ferri, cultore del teatro dialettale ambrosiano spiega: "Nelle vecchie case di paese il pettegolezzo era all'ordine del giorno. In queste case la lobbia era immancabile e serviva come disimpegno delle camere. Per le donne stazionare sulla lobbia era un rito canonico, in quanto era un favorevole punto di osservazione per chi voleva controllare i movimenti del vicinato. Naturalmente, con la scusa di controllare i bambini che giocavano nel cortile, era anche la postazione migliore per poter spettegolare tra una ringhiera e l'altra". Da qui il termine dialettale "Zabetta de lobbia", la pettegola del balcone.

A Gattinara c'era anche un altro luogo deputato al Gossip, come si dice ora. Il luogo in cui si trovavano le donne era il lavatoio. E, mentre si lavavano lenzuola e camicie, le donne del paese "spettegolavano" e si raccontavano le novità del circondario.

Una tipica Lobbia
Il balcone di legno era posto all'ultimo piano

La vendemmia è quel periodo dell'anno che chi coltiva la vite attende con trepidazione: sarà una buona annata? Avremo del vino eccezionale?

Quest'anno, nei vigneti di Gattinara, l'uva è cresciuta rigogliosa e succosa. Grappoli da colore intenso sono maturati al sole estivo. Un colore che è blu scuro, talvolta tendente al violaceo, che spicca tra i pampini verde acceso.

La raccolta dell'uva, la vendemmia, è quindi un momento speciale, durante il quale tutta la comunità si aggrega e raccoglie i grappoli, adagiandoli con cura in grandi ceste, così da mantenerli integri per le successive fasi di lavorazione.

Ma da dove deriva la parola vendemmia?

La parola "vendemmia" ha origini antiche e affonda le sue radici nel latino "vindemia". Il termine "vindemia" era composto da "vinum" che significa "vino" e "demia", derivato da "demere" che significa "prendere" o "raccogliere".

Pertanto, "vindemia" si riferisce letteralmente all'atto di raccogliere il vino, ossia la raccolta delle uve mature per produrre vino. Nel corso del tempo, il termine si è evoluto e ha assunto un significato più ampio, comprendendo non solo la raccolta delle uve, ma anche l'intero processo di vinificazione.

La parola "vendemmia" è ampiamente utilizzata in agricoltura e nell'industria del vino per riferirsi a questo importante momento annuale, ma è anche entrata a far parte del lessico quotidiano come metafora per descrivere la raccolta o l'ottenimento di qualsiasi prodotto o risultato dopo un periodo di crescita o maturazione.

Qual è il periodo migliore per vendemmiare?

La vendemmia è una pratica agricola cruciale nel ciclo di produzione del vino che comporta la raccolta delle uve maturate.

La data esatta della vendemmia varia in base al tipo di uva e alla regione vitivinicola, ma generalmente avviene durante l'autunno, quando le uve hanno raggiunto la maturità.

La maturità dell'uva è valutata sulla base del contenuto di zuccheri, dell'acidità e di altri fattori quali il sapore e il colore delle bucce. Una volta determinato il momento ideale, i viticoltori iniziano la raccolta delle uve, un processo che può essere fatto manualmente o meccanizzato.

Nelle regioni vinicole tradizionali, come per esempio sulle colline di Gattinara, la vendemmia manuale è ancora ampiamente praticata. In altre parti del mondo, invece, macchine vendemmiatrici vengono utilizzate per accelerare il processo.

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• sabato 9/9 MASTER CLASS h. 17:00 “LUVA Alto Piemonte", un excursus sulle 10 Denominazioni del territorio Alto Piemonte ”.
La Master Class sarà condotta da relatore AIS , con 10 Vini in degustazione.
Costo di partecipazione € 20,00 - posti limitati.
Ticket acquistabile online su www.tastealtopiemonte.it nella sezione dedicata. Possibilità di acquisto in loco previa disponibilità residua.


• Domenica 10/9 BANCO DI DEGUSTAZIONE , ad ingresso libero , con acquisto di coupon di degustazione in loco , con orario 15:00/20:00

La Torre delle Castelle è un imponente monumento storico situato nella pittoresca città di Gattinara, nel cuore del Piemonte. Questa torre medievale, risalente al XIII secolo, si erge maestosa nel centro della città, fungendo da simbolo di ricca storia e patrimonio culturale. La Torre delle Castelle rappresenta un esempio straordinario di architettura militare dell'epoca, con le sue mura di pietra massiccia e la forma slanciata che la rende visibile da chilometri di distanza.

Oltre alla sua bellezza architettonica, la Torre delle Castelle è stata testimone di numerosi eventi storici e ha svolto un ruolo importante nella difesa della città durante i periodi di guerra. Oggi, la torre è aperta al pubblico e offre una vista panoramica spettacolare sulla città e sulla campagna circostante. È un luogo imperdibile per coloro che desiderano immergersi nella storia affascinante di Gattinara e ammirare una delle sue gemme più preziose.

Il sito

Originario castello di difesa territoriale, in coppia con il castello superiore; la muraglia esterna in grossi ciottoli di fiume è stata sopraelevata nel XIV secolo con muro in laterizi. La torre, a pianta quadrata di 6,60 m di lato, alta circa 20 m., presenta internamente una ripartizione in quattro piani, in antico separati da solai in legno. Gli spigoli esterni furono rinforzati nel XIV secolo con grossi conci in pietra. Il castello fu distrutto nel 1559 dal Genio Militare Sabaudo. L’area è di interesse archeologico. Lo spigolo sud-ovest della torre ingloba un triglifo romano, elemento decorativo lapideo preesistente, utilizzato come materiale di recupero (come in uso all’epoca).

INFORMAZIONI
Corso Valsesia, 119
13045 Gattinara (VC) - Italy
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